Sala 9: XX secolo @museum.de

Nelle famiglie borghesi del XX secolo i macinacaffè non erano più oggetti sfarzosi da ostentare, ma prodotti di uso quotidiano. Dopo la seconda guerra mondiale l'attenzione si è di nuovo spostata sulla funzione: i modelli sono diventati disadorni come ai loro esordi. Era il tempo del macinino da grembo di cui avete già sentito parlare tanto. Il suo prototipo era il modello che aveva conquistato il mercato a metà del XIX secolo: il semplice macinino da grembo di forma quadrata, realizzato principalmente in legno, con una manovella, un imbuto di riempimento poco profondo e uno scomparto per la polvere di caffè. È il macinacaffè della generazione del dopoguerra. È il macinacaffè la cui melodia aveva incantato il Brigante Ozziplozzi, tanto che lo rubò alla Nonna di Gaspare.

In questa sala potete ammirare svariati modelli di note case produttrici: da Peter Dienes a Zassenhaus. Alcuni sono in legno neutro – si trovano nella teca sulla parete di destra – altri sono dipinti nei colori del boom economico: azzurro, rosa, turchese e giallo. Li trovate nella vetrina di fronte.

Oltre ai macinacaffè da grembo colorati, squadrati o tondi, incontrerete di nuovo una vecchia conoscenza: il macinino nero in bachelite, questa volta degli anni Sessanta. Come potete vedere, la sua forma non è cambiata dagli anni Trenta. A sinistra ci sono due tozzi macinacaffè in bachelite del 1950, con base in metallo e manovella cromata. Sono stati prodotti dall'azienda Geska, fondata nel 1919.

All'inizio degli anni Settanta i macinacaffè elettrici conquistarono gradualmente il mercato. Alcuni di voi conosceranno di sicuro i macinini portatili rotondi con macina a lame. Con essi, i chicchi di caffè venivano triturati e non più macinati, con lo svantaggio che si surriscaldavano e questo aveva un effetto negativo sul gusto del caffè. Oggi, con lo sviluppo di macine a cono o a dischi, la tecnologia è più avanzata. Ne parleremo in maniera più approfondita nella prossima tappa.